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UNA RACCOLTA RICCA
ED ETEROGENEA

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Padri Benedettini

Tra le peculiarità del Museo Civico spiccano le raccolte dei Padri Benedettini di San Nicolò l’Arena che, a seguito delle leggi Siccardi, che aboliscono i privilegi goduti fino ad allora dal clero cattolico, tra il 1866 e il 1868, vennero espropriati del ricco patrimonio archeologico.

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Biscari

Nel 1779 il principe Ignazio Paternò Castello, Principe di Biscari, fu nominato dal re delle due Sicilie, Ferdinando III, custode e soprintendente degli scavi e delle antichità della Val di Noto e della Val Demone, cioè di tutta la Sicilia Orientale.

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Finocchiaro

Giovan Battista Finocchiaro, Presidente della Suprema Corte di Giustizia a Palermo, lascia in eredità la sua numerosa collezione di quadri al Comune della città che lo ha visto nascere: Catania.

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Mirone

Il lascito Mirone fornisce al Museo Ursino la meraviglia di 23 dipinti realizzati da artisti della scuola italiana e siculo-catanese del Settecento e dell'Ottocento.

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Rapisardi

La collezione Rapisardi consta della più importante raccolta di quadri, bozzetti e disegni, album di varie dimensioni contenenti fotografie d’epoca, lettere e appunti autografi.

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De Federicis-Brizzi

Con il lascito di Maria Brizzi-De Federicis, nel 1967 il Museo Civico del Castello Ursino ha ricevuto 52 opere tra dipinti e disegni dell'artista catanese Natale Attanasio.

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Zappalà-Asmundo.Una famiglia radicata nella storia della vita catanese, i cui membri hanno occupato tra le più importanti cariche dell'Amministrazione del regno di Sicilia, fin dal tempo degli Aragonesi

I membri della famiglia Asmundo, nei suoi vari rami, hanno occupato tra le più importanti cariche dell’Amministrazione del Regno di Sicilia, fin dal tempo degli Aragonesi. La Collezione Zappalà-Asmundo costituisce una parte rilevante del nucleo di opere d’arte custodite dal museo civico catanese.

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Collezione Belfiore

 Il restaurato Castello Ursino, inaugurato dal re Vittorio Emanuele III il 24 ottobre 1934, direttore onorario Guido Libertini, indusse alcuni collezionisti a donare le loro raccolte ( Francesco Mirone nel 1934, Giuseppe Zappalà Asmundo nel 1936, Natale Balsamo nel 1947, Maria Brizzi De Federicis nel 1967).Delle acquisizioni pervenute al Comune, donazioni e lasciti, il più recente lascito, 19 dipinti del pittore catanese Antonino Gandolfo(1841-1910), fu rilevato l'8 agosto 2013 per volontà testamentaria del nipote dott. Francesco Belfiore.  Grazie alla sua passione per l'arte e al suo spirito civico- i dipinti del nonno, in parte di famiglia o acquistati sul mercato antiquario locale, pervennero alla città di Catania e non si dispersero tra gli eredi.

Francesco Belfiore

Francesco Belfiore trascorse l'infanzia nella casa del nonno di Piazza Spirito Santo, adorna dei suoi affreschi e dei suoi quadri. A dieci anni si trasferì con la famiglia nella casa di campagna di Cannizzaro, dove il nonno riuniva scrittori e artisti del verismo catanese: Giovanni Verga, Luigi Capuana e Federico De Roberto. Memore di questa atmosfera ricca di testimonianze del passato il dott. Belfiore, che esercitò la professione di medico, lascia la sua eredità artistica al Comune di Catania.

 Antonino Gandolfo

l significativo percorso umano e artistico di Antonino Gandolfo, raffigurante la Catania della seconda metà dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento, è tutto racchiuso nelle 19 opere del lascito che il l’illuminato nipote ha lasciato in eredità ai fruitori del Museo simbolo della città. Antonino Gandolfo fu avviato ai rudimenti dell'arte pittorica dallo zio Giuseppe Gandolfo, affermato ritrattista neoclassico dell'aristocrazia catanese. A Firenze frequenta l'Accademia, a Napoli conosce e segue Domenico Morelli. Al rientro a Catania si orienta verso una pittura a tema sociale di stile verista. Ma il genere più trattato dal pittore, che caratterizza la sua maturità, sarà il ritratto. La ritrattistica- i cui canoni erano pose rigide e frontali, mezzo busto, sfondi neutri, colori smorzati e attenuati- mantenne un ruolo di primo piano per tutto l’Ottocento. È di questo periodo la sua vasta produzione di ritratti ad esponenti della cultura catanese, da Mario Rapisardi (la tela è esposta nella sala XIX del Museo Civico)a Luigi Capuana e al cugino Giovanni Verga. Nella sua vasta e finora poco indagata produzione pittorica c’è anche la predilezione per alcuni soggetti, tratti dal mondo degli umili e diseredati, raffigurata nei dipinti: L’ultima moneta, Musica forzata, Il compenso (esposti nella sala XIX del Museo assieme all’intenso Ritratto di monaco (1889). Queste tele mostrano l’artista completo che fu, Il cui stile dai toni malinconici si colloca a metà tra il clima tardo romantico e il moderno sguardo verista.

 

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La Collezione epigrafica del Museo Civico del Castello Ursino

La collezione epigrafica (Sale 10-11-12 – rispettivamente sala introduttiva, epigrafia pubblica ed epigrafia funeraria) denominata "Voci di Pietra" si deve al collezionismo illuminato di Biscari e dei Benedettini, ed è costituita da materiali archeologici e da iscrizioni per lo più provenienti da contesti siciliani, frutto di recuperi e scavi, oppure da acquisti effettuati nei mercati di Roma, come le epigrafi cristiane provenienti dalla catacomba di Domitilla esposte nella Sala 10.

Se sei nella sala 10 del Museo qui inizia la mostra  permanente “Voci di Pietra – dalle collezioni epigrafiche del Castello Ursino di Catania-  curata dal Professor in Ancient History dell’Università di Oxforf Jonathan R.W. Prag –  in collaborazione con il Progetto di Alternanza scuola-lavoro con il Liceo Artistico M.M. Lazzaro A.S. 2016/2017.In questa sala troverete una introduzione all’epigrafia antica in Sicilia.

 Da qui inizia l'esposizione epigrafica, ma che cos'è l'Epigrafia?

L'Epigrafia è il nome fornito alla pratica di scrivere su materiale durevole, come pietra o metallo (anziché legno, papiro o pergamena). La decisione di incidere un testo è una scelta culturale e non comune ad ogni società. Gli antichi Greci e soprattutto i Romani incisero testi in grandi quantità (ne sopravvivono fino ad un milione); altri, come i Fenici, ne produssero molti di meno. Le iscrizioni più comuni sono gli epitaffi funerari (70%) ma molti altri tipi di documenti venivano incisi, sia pubblici (per esempio leggi, trattati, iscrizioni onorarie) che privati (per esempio maledizioni).

In queste tre sale (10 -11- 12) incontrerete voci della Catania antica, custodite nella pietra. Le antiche iscrizioni forniscono una testimonianza unica, di prima mano, della vita e delle azioni di coloro che ci hanno preceduto. Il Museo Civico di Catania conserva una notevole collezione di circa 500 di questi testi, di cui si presenta qui una selezione. In questa sala (n. 10) troverete una introduzione all’epigrafia antica in Sicilia. Nelle due sale seguenti (11 e 12) si presentano esempi di iscrizioni ufficiali pubbliche della Catania romana e di epitaffi funebri degli abitanti di Catania antica (pagana, cristiana ed ebraica).

Il fondamento della raccolta epigrafica del Museo Civico è costituito da due collezioni settecentesche catanesi: la collezione dei Benedettini di San Nicolò l’Arena e quella di Ignazio Paternò Castello, principe di Biscari; ne fanno parte inoltre epigrafi provenienti da raccolte minori catanesi e altre rinvenute negli scavi ottocenteschi e novecenteschi. Sia la collezione dei Padri Benedettini sia quella del principe di Biscari  sono costituite  da materiali archeologici che da iscrizioni  per lo più provenienti  da contesti siciliani, catanesi in particolare,  frutto di recuperi e di scavi, oppure da acquisti effettuati soprattutto nei mercati antiquari di Roma. Tali acquisti devono attribuirsi in gran parte alla mediazione del Priore Benedettino Placido Scammacca, zio del principe di Biscari. Proprio a Scammacca si deve l’arrivo di alcune epigrafi cristiane provenienti dalla catacomba di Domitilla esposte in questa sala insieme ad affreschi provenienti dalla stessa catacomba. Staccati da diversi settori del cimitero romano, questi frammenti di affreschi confluirono nelle collezioni del Principe di Biscari che se ne servì soprattutto per arricchire il suo museo, utilizzando alcune epigrafi che riportano il cognomen Paternus, per glorificare le origini della famiglia Paternò Castello.