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Promotore di un costume che puntava all'arte

Nel 1826 Giovan Battista Finocchiaro, Presidente della Suprema Corte di Giustizia a Palermo, lascia in eredità la sua numerosa collezione di quadri al Comune della città che lo ha visto nascere: Catania. Una donazione, quella del Finocchiaro, simile a quella del principe Belmonte Emanuele Ventimiglia, che aveva donato alla città di Palermo, nel 1814, la sua collezione per l'apertura di una pinacoteca.

Con questo gesto entrambi si fecero promotori di un costume che puntava all'arte non come mera ostentazione di cultura bensì per promuovere un sentimento civico che permettesse all'arte stessa di avere una funzione sociale.

Finocchiaro aveva raccolto nella sua casa palermitana, nel quartiere S. Ninfa, 123 dipinti. L'aristocratico collezionista aveva già iniziato, sul finire del Settecento, ad attenzionare i dipinti provenienti dai maestri napoletani, genovesi e fiamminghi. Il suo intento era quello di introdurre nel mercato palermitano opere pittoriche più interessanti di quelle già presenti a Catania nelle collezioni del principe Biscari o dei Benedettini.

I numerosi dipinti rinvenuti da Giovan Battista Finocchiaro erano di diverse tipologie: su tela, su tavola, su rame e su "marmo cutognino". Le diverse tecniche venivano attribuite a Caravaggio, a Pietro Novelli, a Mattia Preti o a Matthias Stomer.

Curiosità

Un erudito siciliano che con la sua raccolta ha donato al pubblico uno scrigno di bellezza e storia artistica

Il mercato siciliano si avvaleva della preziosa collaborazione fra esperti di quadri. Come il nobile messinese Ruffo, nella cui collezione spiccava il "S. Luca pittore" (1669) di Mattia Preti. Ma l'attenzione del Finocchiaro era soprattutto tesa a raccogliere le opere del fiammingo Matthias Stomer, un pittore giunto in Sicilia alla fine del Seicento e ivi rimasto. Le opere siciliane di Stomer sono state rinvenute negli inventari dei beni di famiglie aristocratiche dell'Isola, come lo stesso Ruffo di Messina, il Branciforti e il Mazzarino o commissionate dalle iconografie ecclesiastiche.

In bilico tra l'attrazione per il classico e l'interesse per il moderno, i gusti del Finocchiaro si soffermano sull'arte fiamminga e la scuola siciliana del Seicento. Suo un dipinto di Mario Minniti, caravaggesco nativo di Siracusa, "Cristo alla colonna". Mentre di Stomer acquistò "Morte di Catone" e il "Cristo deriso", entrambi presenti nel nuovo allestimento museale del Castello Ursino. Due capolavori in cui spicca il timbro caravaggesco, poichè egli soggiornò a lungo a Ultrech nella scuola dedicata all'arte del Caravaggio. In essi però le sfumature e i tratti si distinguono da quelli del Maestro. Il suo stile pittorico rimane tra i più simili e ricercati nell'arte del Seicento ed ha contribuito ad un allestimento prezioso delle sale della Pinacoteca del Castello Ursino. Un plauso al Finocchiaro, altro appassionato d'arte ed erudito siciliano, che con la sua raccolta ha donato al pubblico uno scrigno di bellezza e storia artistica.

Le opere della collezione