Ignazio Paternò Castello (1719-1786) – Al V Principe di Biscari, antiquario e archeologo, appartiene il cospicuo numero di reperti che ha permesso, nel 1934, l'apertura del Museo Civico del Castello Ursino. Suggestionato dai ritrovamenti archeologici di Pompei ed Ercolano e spinto dalla curiosità per la storia romana, concentrò gli scavi nei suoi feudi e nella città, i quali portarono alla scoperta di straordinari tesori nascosti. Il Principe, meravigliato dalla ricchezza archeologica rimasta "dormiente" nel sottosuolo, nel 1758 inaugura il Museo Biscari nel suo Palazzo alla Marina. Nel Museo erano esposti frammenti architettonici, busti, statue in marmo, vasi, mosaici e bronzetti, gran parte ritrovati a Catania. Viaggiò molto e questo gli permise di acquistare altri reperti, oltre a quelli emersi nell'intherland catanese e siciliano. Il Museo Biscari divenne la meta dei viaggiatori del Gran Tour settecentesco, tra questi Goethe. Dal 1930 la collezione, acquisita dal Comune di Catania, è esposta all'interno del Castello Ursino e ammirata dai visitatori di tutto il mondo.
Vito Maria Amico (1697-1762) – La collezione archeologica dei Padri Benedettini è considerata tra le più importanti del Museo Civico e nacque grazie alla volontà del Priore Vito Maria Amico. Erudito e studioso del mondo classico, la sua passione per il sapere lo portò alla ricerca di materiali provenienti da diversi scavi archeologici. Il suo interesse per la storia e la passione per il mondo greco gli fecero acquistare, grazie all'ampia rete di contatti con i più noti collezionisti d'Italia, nei mercati di Napoli e Roma, ceramiche, vasi, medaglie e monete. Reperti che hanno dato vita ad un vero e proprio Museo all'interno del Monastero dove oggi sono le biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero. Con le leggi Siccardi del 1850 i beni ecclesiastici furono confiscati e dal 1934 i reperti delle collezioni benedettine sono esposti nelle sale del Museo Civico di Castello Ursino.
Federico II di Svevia (1194-1250) - Denominato "Stupor mundi" cioè "meraviglia" o "Stupore del mondo" per la sua complessa personalità, non fu solo un imperatore. Dotato di profonda curiosità, la sua figura è legata a studi e ricerche: dall'astronomia alla filosofia, dalla medicina alla falconeria, dall'astrologia alla poesia. La scuola poetica siciliana, da lui fondata, divenne la "culla" della lingua italiana. Il suo modo di governare anticipò lo Stato moderno. È sepolto nella cattedrale di Palermo, accanto alla madre Costanza D'Altavilla, il padre Enrico VI e il nonno Ruggero II. Federico II di Svevia fece costruire il Castello Ursino, dal 1239 al 1250, nell'ambito della campagna di fortificazione nella Sicilia orientale. L'imperatore affidò l'incarico di dirigere i lavori a Riccardo da Lentini, il quale scelse una posizione strategica: un promontorio che si affacciava sul mare ma che dominava altresì il centro urbano, a presidio difensivo della città. Nei secoli il maniero ha ricoperto varie funzioni, comprese quelle di prigione e caserma, ma anche sede del Parlamento siciliano durante il regno aragonese.
Bianca di Navarra (1387-1441) – La sua presenza all'interno del Castello Ursino di Catania la vide protagonista – nel 1402 – di un matrimonio per procura con il Re di Sicilia Martino I d'Aragona. Il rito si svolse nella sala dove si tenevano le riunioni del parlamento siciliano e si celebravano i grandi ricevimenti. Oggi la sala del Parlamento ospita la Pinacoteca ove sono esposte opere della collezione di Giovan Battista Finocchiaro. "Nel 1409 alla morte di Martino Il Giovane... quando il Gran Giustiziere Bernardo Gabrera, desiderando sposare la regina vedova ed essendo stato da lei rifiutato, le mosse la guerra, Bianca fu costretta a lasciare la rocca Ursina... Bianca, conclusasi questi tumulti, ritornò da Palermo, dove si era rifugiata, a Catania. Qui ella continuò a governare la Sicilia, in qualità di vicaria di re Ferdinando d'Aragona, fino al 1414". (A. Arena, Il Castello Ursino)